ARGENTERA SUPERIORE

IL PIU’ ESTESO RETICOLO SOTTERRANEO DELLA VALLE

 

GRANDI LAVORI E GRANDI IMPIANTI


Nella dorsale di Costa l’Argentera si apre un reticolo sotterraneo di gallerie e cantieri di abbattimento su più livelli, con un’estensione di 200 metri, un’altezza di 60 metri e uno sviluppo complessivo di oltre 700 metri. A essere sfruttati erano i solfuri misti di piombo argentifero, rame e ferro, con infinitesime percentuali d’oro.

Le escavazioni non hanno tutte la stessa età. Al XVIII secolo, quando nell’arte mineraria era ormai invalso l’uso della polvere da sparo, risalgono i grandi lavori che hanno prodotto le tre gallerie principali e i cantieri di abbattimento situati più in basso della galleria superiore. Le due gallerie superiori sono «in direzione», ossia seguono l’andamento del filone, mentre quella inferiore è una galleria di ricerca e di ribasso (ossia di eduzione delle acque) che nel tratto iniziale funge da traverso-banco. All’esterno degli ingressi superiori sono incise nella roccia una data «I759» e le iniziali onomastiche «gb», riferibili per ipotesi tanto a Giovanni Boschis, autore di prospezioni minerarie in val Sessera nel 1738 e concessionario di scavo nel 1750, quanto a Giovanni Basso, caporale nella miniera di Argentera inferiore nel 1753.

Sopra il livello della galleria superiore vi è un cantiere di abbattimento di età precedente, come indicano i segni di punteruolo che ricoprono le pareti, sulle quali è anche l’iniziale alfabetica «E». La tecnica impiegata è anteriore alla metà del XVII secolo, ma non si sa se tali attività siano attribuibili all’imprenditore minerario medievale Umberto de Patrico e ai suoi soci (convenzione del 1230).

Le discariche visibili sul versante sono poco consistenti, poiché la maggior parte dello sterile è stato impiegato per le ripiene interne. Queste sono di tre tipi: prive di sostegni; contenute da muri in pietra a secco; contenute da armature di tronchi lignei. I muri a secco contengono sterile delle escavazioni moderne (XVIII secolo), mentre le armature lignee, pur risalendo alla stessa epoca, trattengono lo sterile del cantiere di abbattimento arcaico, che i minatori del XVIII secolo hanno dovuto riattraversare. Il fatto che quest’ultimo tipo di ripiena non sia presente verso il basso indica che le escavazioni arcaiche si erano arrestate a 25/30 metri di profondità.

La fine abbastanza repentina dei lavori estrattivi ha comportato l’abbandono sul posto di grandi impianti in legno: armature, una via di carreggio in tavole, un fornello di gettito dotato di un grande vaglio in tronchi sbozzati, una pompa idraulica a stantuffi.

Miniera San Giovanni e San Giacomo di Alagna (val Sesia) in un disegno di J.N. Mühlhan del 1725 o di poco posteriore (Archivio di Stato di Torino)

Tipico aspetto di una vena mineralizzata di Costa l’Argentera, costituita da un aggregato di quarzo e solfuri polimetallici (lunghezza del campione tagliato 9 centimetri)

Ingresso ostruito della galleria «in direzione» superiore

Iscrizioni incise all’interno e all’esterno della miniera

Camera di abbattimento manuale con solchi di punteruolo sulle pareti

Armature lignee settecentesche nei disegni tecnici di S.B. Nicolis di Robilant (1788, Accademia delle Scienze) e nella realtà materiale di Argentera superiore

Via di carreggio formata da tavole lignee affiancate, sulla quale erano spinti a mano i vagoncini contenenti il minerale grezzo

Vaglio in tronchi sbozzati installato alla sommità di un fornello di gettito

Stantuffo di pompa idraulica ricavato da un tronco d’albero

Pompa idraulica in funzione in un disegno di G. Agricola (De re metallica libri, 1556)